martedì 1 novembre 2011

I dream of paradise

Dolci le labbra sfioravano la pelle irta dal freddo, nuda di piacere, spoglia di
inibizioni mentre il desiderio annebbiava la ragione cosicché non rimanesse
alcun ricordo concreto, ma solo immagini fuggevoli; e intanto le mani, calde,
avide, percorrevano lentamente ogni centimetro del corpo, dalle labbra
ansimanti, ai seni, ai fianchi, alle gambe intrecciate al suo corpo, fondendo
le nostre spoglie in un'unica essenza.
Nel buio della strada non esisteva più niente, non il tempo, non lo spazio,
nient'altro che i battiti ingannevoli dell'amore che si stava consumando, come
in un delirio di sensi ubriachi di istanti effimeri ma talmente intensi da
disperdere qualsivoglia residuo di ragionevolezza.
Ogni bacio ora diviene sfregio sulla pelle; ogni gemito ora diviene respiro
interrotto; ogni istante di godimento ora diviene ferita al ventre, alla gola e
cado preda del dolore, convulsa e tremante, in attesa del tempo che tesseva
l'agonia del mio essere e che gettava le ceneri della mia passione, arsa, nel vento.
E cammino sul pavimento freddo mentre sputo sangue dagli occhi, vacillo
agognante di qualsiasi cosa che sedi, dissolva le immagini che pungono come
chiodi nella mia memoria e mi accascio, strisciante, dinanzi allo specchio: nuda,
persa, vuota, incompleta. Illusa.
Guardo la figura riflessa nello specchio, ebbra del tormento, della bramosia
per quegli attimi di violenta follia, sfioro la sua mano con le mie deboli dita
e avvicino le mie labbra alle sue, chiudendo il dolore nel bacio di Giuda.

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