domenica 25 dicembre 2011

Momenti di attesa

Mentre guardavo i miei occhi allo specchio, questa notte,
ho notato che erano più verdi del solito, più verdi che azzurri:
morbide onde verdi che nuotano dolcemente in un calmo
mare azzurro; d'improvviso le piccole gocce che riempivano
l'aria, le stesse piccole gocce che ricoprivano lo specchio,
ora si diradavano come nuvole al vento, ora evaporavano
come acqua al sole.
D'improvviso riuscivo a guardarmi di nuovo.
Riuscivo a fissarmi tanto da poter cogliere i piccoli dettagli:
un neo o una lentiggine sulla spalla,
un movimento della bocca...
Potevo addirittura cogliere il movimento della luce che si spostava
insieme alle lacrime che cadevano giù dagli occhi,
che correvano lungo le guance calde e che abbandonavano il mio corpo
per lasciare spazio al dolore.
Quel dolore che entrava violentemente nel mio petto
e che pervadeva ogni cellula del mio corpo come onde di calore
che annebbiavano la mia mente e che mi lasciavano lì, immobile,
a fissarmi.
Mentre guardavo i miei occhi allo specchio, questa notte, ho notato che erano più verdi del solito, più verdi che azzurri: morbide onde verdi che nuotano dolcemente in un calmo mare azzurro;

martedì 29 novembre 2011

Turning Tables

Fili d'erba sottili mi solleticano i piedi nudi mentre avanzo, passo dopo passo, 
in una distesa sterminata di emozioni ormai doni del passato che dovrei abbandonare 
definitivamente e che invece cerco ancora senza lasciare la presa. La foschia 
notturna avvolge tutto come una coperta di morbide nuvole in un sogno annebbiato, 
riduce la luce della luna, ora fievole e debole, e non riesco a vedere, 
ma mi lascio portare dall’impulso che mi nasce da dentro e che cresce 
sempre più forte man mano che avanzo. 
L’aria fredda punge la pelle del viso come ispidi aghi di ghiaccio ma non m’infastidisce: affievolisce il calore che brucia nel mio petto ansimante, nel mio ventre tremante 
e che mi accende tutta, rendendo la mia mente confusa e a tratti assente. 
Il terreno morbido improvvisamente diventa duro, quasi roccioso, 
e mi duole anche solo camminarvi sopra; esso mi brucia la pelle, la taglia 
e gocce di sangue seguono il mio tragitto. Sulla strada asfaltata mi fermo 
dinanzi ad un bivio: due vie separate da possibilità diverse, unite da un medesimo dolore 
ed il mio corpo, inerme, si lacera diviso dal desiderio di prendere entrambe le scelte. 
La voglia disperata mi infonde il desiderio di continuare 
ma ogni volta che mi lasci il dolore mi prende, mi avvelena il sangue e cado, 
mi accascio preda del tormento… Ti voglio ancora.
Fili d'erba sottili mi solleticano i piedi nudi mentre avanzo, passo dopo passo, in una distesa sterminata di emozioni ormai doni del passato che dovrei abbandonare definitivamente e che invece cerco ancora senza lasciare la presa.

sabato 26 novembre 2011

Sempre Tu

Nella scura e dispersa notte, tra la folla ed il caos più solitari,
lampi assordanti di luci, provenienti da nessuna e da tutte le parti,
penetrano il mio sguardo lasciandomi abbagliata e confusa;
rumori tonanati di suoni dai diversi colori trafiggono il mio udito,
abbandonandomi sola, stordita e frastornata.
Sento il pavimento caldo dei fumi, della pioggia secca, del sudicio
sotto i miei piedi nudi e intanto mi avvolge un manto di aria fredda,
ispida che entra nella mia pelle, nei miei muscoli, nelle mie ossa,
congelandomi tutta.
Persa nel mio corpo intorpidito, nella mia coscienza appannata,
nella mia forza che scivola via, barcollo aggrappandomi
a quello che trovo: un lampione buio, una ringhiera viscida,
le mie spalle incurvate dal dolore.
Incrocio le persone davanti a me, dietro di me, e tra gli spintoni d'ira,
di fastidio, di nausea, sbatto a terra ma non ho la forza di rialzarmi
e mi arrendo alla confusione degli stimoli sensori di questa
solitudine del futuro.
Alzo solo lo sguardo e osservo i volti delle persone che frettolosamente
svaniscono fuggevoli dalla mia realtà, ma non vedo te, l'unico volto
che cerco tra la moltitudine di individui e che probabilmente
dorme tranquillo, avvolto dall'ovatta della sua indifferenza.

sabato 19 novembre 2011

Did you ever really want somebody?

Odore di ferro tra le mie mani.
Una piuma di metallo sulla mia pelle.
E' ora.
Via, un taglio netto.
Sangue...piacere? No, solo un dolore più sopportabile.
Ancora gelo pungente, ancora amore straziante.
E allora via, un altro taglio.
Sangue...ancora...sangue.
Silenziosi cristalli scivolano giù dalle ciglia.
Basta...

sabato 12 novembre 2011

Cosa mi aspettavo?

Tengo il capo pesante tra le mani, mantenendo i palmi ben accostati alle orecchie 
cosicché nessun suono penetri dentro di me ma, mentre fuori regna sovrano il più 
aureo dei silenzi, nella mia testa si scatena il caos che mi trafigge con i suoi pensieri 
affilati e brutalizza le mie membra con le sue immagini assordanti e lacera la mia 
pelle lasciandomi in tanti brandelli, in molti più lembi di quanto il mio corpo ne sia composto.
Striscio sui cadaveri delle mie emozioni straziate, che ho tentato invano di sottrarre 
alla distruzione e che ora riempiono quell’abisso che divide me e la mia felicità, e mi aggrappo cercando di trascinarmi fuori dal caos ma quello vive e si nutre di me. Mi 
alzo tremante e inizio a correre, sento ogni parte di me ardere come legna al fuoco, 
i muscoli bruciano e l’acido logora morbidamente ed inesorabilmente la gola, 
lo stomaco, il ventre e mi manca il fiato tanto da voler respirare il fumo delle ceneri 
delle mie illusioni che ora giacciono sul viscido fondo della mia volontà.
Alzo lo sguardo vuoto che finora avevo tenuto basso e vedo dinanzi a me la coltre 
fredda e distaccata della tua indifferenza, del tuo ignorarmi, soffocare il cielo e 
gli astri delle mie speranze mentre lascio che la stessa coltre aspiri ed assapori la mia essenza ormai svuotata di ogni energia.
Consumata, disillusa, disincantata abbandono l’ultimo frammento della mia voglia e m’inchino rassegnandomi e sottomettendomi al disfacimento del mio pensiero, al male 
del mio pensiero, al male di non voler mai lasciare la presa e con il bisogno di aver 
ignorato te che annusavi i miei capelli, te che volevi un altro abbraccio, te che guardavi 
me di spalle andare via, ma con la bramosia di conservare quei ricordi ancora dentro me.

venerdì 11 novembre 2011

Ancora


Le mie pupille quasi del tutto dilatate insieme all'iride fumoso, 
ormai ridotto ad una fibra cerulea, assorbivano incessantemente 
il buio incombente della stanza, interminabile; mentre il mio 
corpo restava in stasi e, nonostante tentassi di liberarmi dalle 
lenzuola asfissianti, non riuscivo a controllarlo.
Lasciavo immobile che l’oscurità prendesse e occupasse spazio 
in me perché la subconscia e soffocata coscienza era consapevole 
che se anche fossi riuscita ad alzarmi e a sciogliere le 
delicate catene dell’immobilità, ugualmente non sarebbe servito a nulla: 
la notte mi avrebbe soggiogata allo stesso modo, 
rendendomi una massa di materia irreale.
Sentivo allora le ombre impalpabili penetrarmi e violentarmi, 
allontanando inesorabilmente quel che rimaneva della mia percezione 
e abbandonandomi, fredda, in un’infernale bolgia di sensi effimeri 
ed irruenti, mentre l’essenza sgorgava al di fuori di me ed io la percepivo 
così com’era: calda, di un rosso purpureo, vellutata.
Consumata da quell’oblio senza via d’uscita, guardo ancora verso te, 
sebbene ancora una volta mi hai chiuso fuori, bagnata dalle soffici 
gocce di pioggia salata in attesa di ciò che non esiste.

giovedì 10 novembre 2011

Le mie pupille quasi del tutto dilatate insieme all'iride fumoso, ormai ridotto ad una fibra cerulea, assorbivano incessantemente il buio incombente della stanza, interminabile mentre

mercoledì 9 novembre 2011

lunedì 7 novembre 2011

Risveglio

Afferro la gola, ma non c'è niente che la stringa
il respiro è affannoso.
Spingo l'aria via dal mio corpo
-pesante-
Le membra pulsano
e palpitano.
Devo guardare. Metto a fuoco, ma non vedo.
Cammino. Cammino. In cerca di non so cosa,
desidero. Corro.
E trovo: un mare giallo.
Strappo via anche il terreno
e ingurgito ogni petalo di rosa.
Mando giù, boccone dopo boccone, ma non mi sazio.
Vomito, nella speranza che possa star meglio.
Ma quello era solo l'inizio

domenica 6 novembre 2011

There's a feeling I get when I look to the West

Nel profondo buio opprimente di queste mura,
seduta,
accasciata sul pavimento freddo osservo il tempo scorrere
e abbandonarmi
con la speranza che porti con sé il tormento che mi hai lasciato dentro.
Ma questo rimane
a divorarmi avidamente
con la sua acida saliva che mi corrode i tessuti
e i suoi artigli affilati che straziano le mie carni
ed io,
inerme,
lascio che avvenga
mentre trattengo le lacrime di cui vorrei liberarmi
come ultimi pezzi di te.
Ora sei tornato,
ed io mi arrendo ai fili della mia marionetta
e guardo ancora verso te.

venerdì 4 novembre 2011

Looking back to no one

Il vento freddo, caldo, sussurrava morbidamente tra i miei capelli sciolti,
mossi continuamente dalle mie mani tremanti, ed entrava nei vestiti
percorrendo la schiena irrigidita dai granelli dei brividi che cadevano giù,
fino al bacino, fino alle cosce, fino ai piedi.
Mi suggeriva di voltarmi e di guardarti un'ultima volta per soddisfare
ancora i miei occhi, bramosi di contemplarti nel tuo gelido distacco.
Ma le tue mani grandi, le tue braccia che cingevano il mio corpo,
le tue labbra che baciavano la mia pelle immobile, il tuo respiro deciso
sul mio collo; questi dovevano essere gli ultimi ricordi materiali di te,
che sei rimasto immateriale nei miei desideri.
Volevo guardarti ancora.

giovedì 3 novembre 2011

So why you're gone?

Pochi e flebili raggi di luce si accingono ad entrare per dissolvere
le ombre della notte. Ma la stella è ancora bassa, l'aria è ancora blu
e mi avvolge nel suo freddo respiro.
Distesa sul letto, gli occhi si spalancano come in una nuova rinascita,
o in una nuova morte, e la mente mi sbatte in faccia e mi costringe a
guardare ancora quell'immagine cicatrizzata nella mia memoria:
 seppia e calma sensualità di chi non ha fatto niente, se non lasciare
un affetto ancora vivo che diviene il mio strazio.
Serro gli occhi, nella speranza di poter così estirpare quel mio tormento,
ma esso penetra e mi arde le membra e il fumo delle loro ceneri
mi impedisce di respirare.
Apro nuovamente gli occhi: ancora 5.
In un momento tutto finisce, tutto sparisce. Sto bene. E poi...
Come una mano, una forza si addentra nel mio ventre, afferra e
 violenta le mie viscere e il sangue arriva come un fiume in piena
 sino alla bocca. Assaporo il caldo liquore purpureo che sgorga dalle mie
labbra, dai miei occhi, fin che, in un sussulto, l'ebbrezza del sangue termina.
La mano afferra la mia anima, o il mio cuore, o qualunque cosa vi sia.
Si addentra nel mio petto e stringe e infligge con i suoi artigli gelati come lame.
La consapevolezza di non essere abbastanza...







                                                                                  Sei molto più che abbastanza

mercoledì 2 novembre 2011

2.11.2011

Carezze come soffi di vento leggero svegliavano il corpo intorpidito, così come baci ardenti divampavano il fuoco che aveva acceso in me aiutato dalle mani che mi percorrevano tutta, scaricando, attraverso la pelle, pura energia che mi dava vita e sgorgava fuori di me, liquida.
Tutta illusione.
Tutto è illusione.
Compreso ciò che ho appena scritto.
Soprattutto ciò che credevo ci fosse...
Aprire gli occhi fa male, guardare la fine deteriora.
Le carezze


martedì 1 novembre 2011

I dream of paradise

Dolci le labbra sfioravano la pelle irta dal freddo, nuda di piacere, spoglia di
inibizioni mentre il desiderio annebbiava la ragione cosicché non rimanesse
alcun ricordo concreto, ma solo immagini fuggevoli; e intanto le mani, calde,
avide, percorrevano lentamente ogni centimetro del corpo, dalle labbra
ansimanti, ai seni, ai fianchi, alle gambe intrecciate al suo corpo, fondendo
le nostre spoglie in un'unica essenza.
Nel buio della strada non esisteva più niente, non il tempo, non lo spazio,
nient'altro che i battiti ingannevoli dell'amore che si stava consumando, come
in un delirio di sensi ubriachi di istanti effimeri ma talmente intensi da
disperdere qualsivoglia residuo di ragionevolezza.
Ogni bacio ora diviene sfregio sulla pelle; ogni gemito ora diviene respiro
interrotto; ogni istante di godimento ora diviene ferita al ventre, alla gola e
cado preda del dolore, convulsa e tremante, in attesa del tempo che tesseva
l'agonia del mio essere e che gettava le ceneri della mia passione, arsa, nel vento.
E cammino sul pavimento freddo mentre sputo sangue dagli occhi, vacillo
agognante di qualsiasi cosa che sedi, dissolva le immagini che pungono come
chiodi nella mia memoria e mi accascio, strisciante, dinanzi allo specchio: nuda,
persa, vuota, incompleta. Illusa.
Guardo la figura riflessa nello specchio, ebbra del tormento, della bramosia
per quegli attimi di violenta follia, sfioro la sua mano con le mie deboli dita
e avvicino le mie labbra alle sue, chiudendo il dolore nel bacio di Giuda.

lunedì 31 ottobre 2011

Buio

Ho guardato nella mia anima: è nera.
Non ho paura, ho solo freddo.
In quell'aria gelida il respiro avrebbe dovuto congelarsi,
o quanto meno condensarsi. Ma lì sotto non c'era niente.
Braccia di ombre strisciano all'interno del corpo
e s'intrecciano con le viscere ed esalano puzza di alcool in fiamme.
I tessuti bruciano, ma è solo un'illusione che non arriva neanche
sul volto della mia maschera vuota.